Orfana di figlio
I giovedì delle Madres de Plaza de Mayo

di Taty Almeida, Massimo Carlotto e Renzo Sicco

Questo libricino di nemmeno 200 pagine è uno scrigno di umili perle preziose. 

C’è la storia di Taty Almeida, raccontata in prima persona, una delle Madres de Plaza de Mayo, mamma di Alejandro, un ventenne desaparecido nel 1975, cioè ancora prima del colpo di stato del 1976 che in Argentina ha “ufficializzato” questo sistema di scomparsa nel nulla di migliaia di persone.  

C’è la conversazione di Renzo Sicco, regista e autore teatrale, con Massimo Carlotto, scrittore e sceneggiatore, parente di Estela Bernes de Carlotto, presidente delle Abuelas (le nonne) de Plaza de Mayo.

C’è il testo di “Più di mille giovedì – La storia delle Madres de Plaza de Mayo”, ovvero l’adattamento teatrale del libro “Le Irregolari” di Massimo Carlotto.

Ci sono due scritti di Erri De Luca e Luis Sepúlveda, due difensori della vita e della dignità umana.

Un’altra particolarità del libro è che è scritto in due lingue, italiano e spagnolo.

… Quando nell’82 grazie alle testimoniane dei sopravvissuti ai campi clandestini, al rientro degli esuli, alle parole dei detenuti politici abbiamo avuto la certezza che i nostri figli erano morti abbiamo deciso che politicamente non li avremmo mai dichiarati morti fino a che i responsabili non ci avessero detto cosa, dove e come era successo per ognuno di loro. Chiarimmo in quel momento la figura giuridica di detenuto-scomparso e da quel momento non chiedemmo più «riapparizione con vita» ma la nostra lotta iniziò a basarsi su tre parole: memoria, verità e giustizia.

Perché memoria? Se non avvicini il passato al presente non puoi costruire futuro. Se non vuoi che si ripeta devi ricordare sempre.

Circa la verità è ancestrale che ciascuno sotterri i suoi morti. A noi non l’hanno permesso, un’altra crudeltà. […] Mi dico sempre che non voglio andarmene senza aver toccato le ossa di Alejandro. Voglio toccarlo, voglio sotterrarlo. Questo è il diritto alla verità.

E infine la giustizia, quella che non abbiamo avuto a causa delle leggi di impunità, abbiamo continuato a esigerla. […] Costò molto e costa ancora portare gli assassini alla sbarra, far avanzare i processi, perché più di uno si fa carico di mettere bastoni tra le ruote affinché questo non avvenga. Purtroppo accade perché la giustizia non è «democratizzata». […] E i genocidi adesso vengono presi, li arrestano e li estradano, anche da fuori, da altri paesi dove si erano nascosti e dove pensavano di poterla fare franca. Li trovano e li conducono ai processi dove hanno tutte le garanzie che gli spettano. Quelle stesse garanzie che loro negarono ai nostri figli, le diamo a loro…

Taty Almeida

Se la morte 

mi sorprende

lontano dal tuo ventre,

perché per te

noi tre siamo sempre lì    

se mi dovesse sorprendere

lontano dalle tue carezze

di cui tanto ho bisogno;

se la morte poi mi dovesse abbracciare forte

come ricompensa

per aver voluto la libertà

e i tuoi abbracci allora

avvolgeranno solo i ricordi,

i pianti e i consigli

che non ho voluto seguire,

vorrei dirti mamma

che parte di quello che sono stato

lo troverai nei miei compagni:

nell’appuntamento di controllo

l’ultimo,

quello se lo sono portato via loro,

i caduti, i nostri caduti,

il mio appuntamento, il nostro appuntamento,

è in cielo

ci sta aspettando.

[poesia che Alejandro ha lasciato alla madre nel caso fosse a lui successo qualcosa]

Daniele Scaglione, Rwanda - Istruzioni per un genocidio, Infinito Edizioni